Australia on the road, itinerario lungo la Explorers Way
In fase di progettazione del viaggio, uno dei punti fermi del nostro tour in Australia era stato l’itinerario on the road lungo la mitica Explorers Way.
Chi di noi non ha mai sognato di vivere un’avventura del genere lungo le piste del deserto australiano?
Per noi il sogno divenne realtà nell’estate del 2008, quando per emulare almeno nello spirito le gesta dei grandi esploratori John McDouall Stuart, Ernest Giles ed Alfred Gibson, progettammo un viaggio on the road in camper lungo la Stuart Hwy.
Il nostro viaggio fly and drive è stato organizzato in fai da te, si presta a chi subisce il fascino dell’avventura, a chi si adatta a qualche situazione di disagio e a chi ha il piacere di vivere a contatto con la natura.
Le principali strade australiane sono in ottime condizioni però nell’outback vi consigliamo di non avventurarvi in piste sterrate senza le dovute precauzioni.
Secondo noi questo tipo di viaggio è particolarmente adatto alle famiglie (come noi) ed anche alle coppie in viaggio di nozze.
Visitare l’Australia però non è un viaggio economico, questo bisogna dirlo subito, a cominciare dal volo intercontinentale passando poi per i vari servizi.
Con le giuste accortezze il viaggio si rivelato sicuro, anche per i bambini (Riccardo allora aveva dieci anni). Le situazioni estreme che via via si presentavano sulla nostra strada (il caldo del deserto, le lunghe ore di guida, incontri ravvicinati con animali selvaggi) le abbiamo affrontate con le dovute precauzioni e cautela.
A posteriori possiamo affermare che la scelta si sia rivelata azzeccata in quanto il viaggio è stato soprattutto una grande esperienza di vita, ricca di insegnamenti e situazioni per noi nuove da affrontare. Un viaggio che ci rimarrà per sempre nel cuore e che consigliamo a tutti.
Qui di seguito vi proponiamo un itinerario di viaggio in Australia di undici giorni e di circa 3000 chilometri da Alice Springs a Darwin nel Top End, passando per il meraviglioso Red Centre, oltre ad alcune informazioni pratiche per organizzare al meglio il viaggio.
Australia on the road, itinerario di viaggio in camper
Venerdì, 27 giugno: Sydney – Alice Springs
Ci lasciamo alle spalle l’incantevole capitale del New South Wales (a proposito qui trovate i nostri suggerimenti sulle cose principali da visitare a Sydney). Una volta superate le Blue Mountains si apre davanti a noi una distesa sconfinata: l’outback!
Di tanto in tanto butto l’occhio fuori dal finestrino dell’aereo, dapprima noto una vegetazione abbastanza fitta, poi man mano che avanziamo il verde si dirada per fare spazio ad una base ocra punteggiata di un verde pastello (eucalipti ed arbusti).
Le serpentine create dai fiumi in secca perenne si perdono a vista d’occhio mentre larghi spiazzi bianchi (laghi salati?) riempiono la tavolozza di colori che si trova sotto di noi. Riccardo mi chiede informazioni su quanto intravediamo ed io allora tiro fuori dallo zaino Le Vie dei Canti di Bruce Chatwin:
“si credeva che ogni antenato totemico, nel suo viaggio per tutto il paese, avesse sparso sulle proprie orme una scia di parole e di note musicali e che queste Piste del Sogno fossero rimaste sulla terra come vie di comunicazione fra le tribù più lontane. Un canto faceva contemporaneamente da mappa e da antenna. A patto di conoscerlo, sapevi sempre trovare la strada”.
Alice Springs ci accoglie con il sole, 21°C di temperatura ed una brezza piuttosto freddina. Il primo insediamento che sorse qui nel 1888 si chiamava Stuart e doveva rappresentare il capolinea di una ferrovia ancora da costruire.
Nel 1933 le cambiarono ufficialmente il nome in Alice Springs e negli ultimi decenni la cittadina si è andata sviluppando sempre di più grazie al grande afflusso di turisti che l’hanno eletta a base ideale per visitare il Red Centre. Dopo Darwin infatti è la più importante e famosa città del Northern Territory.
Per iniziare a conoscerla ed esplorarla decidiamo di seguire l’itinerario a piedi proposto dalla Lonely Planet. Se a Sydney la presenza di aborigeni era stata pressoché impercettibile qui ne incontriamo molti e non potrebbe essere altrimenti. È bene ricordare che in questi territori sono loro i veri padroni di casa mentre noi, intesi come uomo bianco, siamo gli intrusi.
Ad una prima e superficiale valutazione mi sembra che vivano in una dimensione tutta loro. Girano per la città indossando felpe e maglioni pesanti per proteggersi dal freddo, in compenso però camminano scalzi. Maneggiano apparati elettronici di ultima generazione. Sono persone non inquadrabili nella società e negli schemi ideati dall’uomo bianco, non è nel loro DNA, sono un popolo in continuo movimento, in perenne walkabout.
In città li vedo muoversi in continuazione: fuori e dentro i centri commerciali, i pub, lungo il Todd River in secca. Poi subito dopo li rivedo sdraiati per terra nei parchi a riposarsi prima di riprendere il loro frenetico movimento.
Un cartello direzionale posto nel centro cittadino ci ricorda che Roma dista ben 14.281 chilometri da qui. La sera i negozi e gli altri esercizi commerciali chiudono presto, decidiamo di cenare in un ristorante che si affaccia su una Todd Mall quasi deserta.
Ci fanno accomodare in un tavolo all’aperto, il freddo pungente di queste notti invernali nell’outback australiano viene attutito dai funghi caloriferi che la cameriera opportunamente ci posiziona alle spalle. Con il passare dei minuti il ristorante si popola, ad occhio e croce si tratta di turisti, quasi tutti australiani.
L’atmosfera da coprifuoco che si respira in città ci spinge a ritirarci in motel abbastanza presto, anche in previsione dell’impegnativo programma di viaggio che ci attende l’indomani.
Sabato, 28 giugno: Alice Springs – Ayers Rock (450 Km)
Ritirato di buon’ora il camper (un Toyota Hiace LWB 6.0) alla compagnia di noleggio situata un paio di chilometri fuori città, ci fermiamo all’emporio a fare provviste per i prossimi giorni.
I supermercati sono generalmente suddivisi in due aree indipendenti con casse separate, una delle quali dedicata esclusivamente alla vendita di bevande alcoliche. Una volta arrivati alla cassa, nel rispetto delle severe leggi del Northern Territory sul consumo di alcolici, ci viene richiesto un documento di identità. I dati vengono successivamente memorizzati in un database assieme alla quantità di merce acquistata.
In tarda mattinata partiamo in direzione sud alla volta di Uluru. L’uscita dall’abitato di Alice Springs non è per niente semplice in quanto devo abituarmi alla guida a sinistra. L’errata attivazione dei tergicristalli al posto delle frecce direzionali e l’uso del cambio manuale con la mano sinistra sono le manovre che in questi primi chilometri di marcia mi creano più impacci.
Durante il tragitto attraversiamo un’arida e sconfinata pianura desertica ricoperta di terra rossa sulla quale cresce una rara vegetazione formata per lo più da arbusti, bassi eucalipti ed erba spinifex. Sulle banchine ai lati della strada intravediamo numerose carcasse di canguri, mucche e vitelli che hanno perso la vita a causa di collisioni con i veicoli di passaggio, soprattutto nelle ore notturne.
Proprio dove si lascia la mitica Stuart Hwy (che da Darwin porta fino a Port Augusta sulla costa sud) e si imbocca sulla destra la Lasseter Hwy effettuiamo una sosta di ristoro al Desert Oaks Motel di Erldunda, una struttura che rappresenta un punto di riferimento vitale in mezzo al nulla per tutti i mezzi che transitano da queste parti, soprattutto gli imponenti road train carichi di merci.
Come previsto dalla tabella di marcia arriviamo al campsite dell’Ayers Rock Resort prima del tramonto.
Collegato il camper alla presa di corrente elettrica situata nella nostra piazzola e riempito il serbatoio di acqua potabile, dobbiamo trasformare l’area posteriore del mezzo da zona giorno a zona notte e lo vogliamo fare con la luce del giorno. In pratica si devono smontare il tavolo e le panche per creare la base del nostro letto matrimoniale e montare il soppalco ad uso letto per Riccardo.
L’Ayers Rock Resort (Yulara nella lingua dei nativi) sorge in prossimità dell’entrata all’Uluru – Kata Tjuta National Park ed è stato concepito nel rispetto dell’impatto ambientale.
Le basse strutture ad un piano sono circondate da dune di terra rossa. All’interno del resort si trovano tutti i servizi necessari: un centro visitatori, una stazione di polizia, degli sportelli bancomat ATM, stazioni di servizio, un ufficio postale, un shopping centre, hotels, campeggio, bar e ristoranti.
Domenica, 29 giugno: Kata Tjuta (Monti Olgas)
La giornata odierna la dedichiamo alla visita di Kata Tjuta (conosciuti anche come Monti Olgas), che sorge a circa 30 chilometri da Uluru.
Kata Tjuta in lingua aborigena significa “molte teste” ed è un sito sacro per le popolazioni locali. La formazione rocciosa è formata da 36 massi arrotondati di tre tipi di materiali: granito, basalto e scisto.
Lasciato il mezzo nell’ampio parcheggio adiacente l’ingresso del sito, si può effettuare la visita camminando per due itinerari segnalati. Noi optiamo per quello più lungo, il Valley of the Winds Walk di 7,4 chilometri che si snoda tra suggestivi canyon, ripide salite e discese.
Persa Elisabetta al primo look out (denominato Karu), io e Riccardo continuiamo di buona lena anche se le decine di mosche che ci ronzano sulla faccia non ci danno tregua. Durante il percorso incontriamo sentieri rocciosi, scalate ripide e discese sconnesse. Troviamo il tempo per fare anche un po’ di birdwatching: avvistiamo il Tjitirara dal becco rosso tra i rami di eucalipti pieni di nidi.
Arriviamo al secondo look out (Karingana) attraverso una stretta gola tra due alte pareti di roccia rossa. Davanti a noi si materializza un panorama mozzafiato: un precipizio a strapiombo nel vuoto mentre all’orizzonte una vallata di verdi eucalipti circondati da una corona di rocce rosso marrone contrastano con l’azzurro del cielo. Un vero paradiso.
Il percorso è consigliato alle persone che hanno una certa confidenza con le lunghe camminate dato che alcuni tratti in pendenza sono abbastanza impegnativi. Prima di partire vi suggeriamo di procurarvi una scorta d’acqua anche se lungo il percorso ci sono un paio di punti di approvvigionamento. Non dimenticate l’uso della crema protettiva solare.
Terminiamo la giornata ammirando il tramonto che cala su Uluru. È uno dei riti a cui non ci sottraiamo, ci rechiamo al relativo look out in relativo anticipo rispetto agli orari previsti ed essendo sprovvisto di cavalletto per la macchina fotografica, prendo dei punti di riferimento visivi per comporre gli scatti nello stesso modo durante la sequenza.
Lunedì, 30 giugno: Uluru
“La filosofia degli aborigeni era legata alla terra. Era la terra che dava vita all’uomo; gli dava il nutrimento, il linguaggio e l’intelligenza, e quando l’uomo moriva se lo riprendeva” (Bruce Chatwin, Le Vie dei Canti).
Uluru. Quando si pensa all’Australia la prima immagine che ci viene in mente è quella del famoso monolite rosso nel bel mezzo del nulla. Lo sognavo fin da piccolo e penso eserciti un fascino irresistibile in tante persone che amano viaggiare come noi.
Arriviamo al parcheggio che è da poco scoccato mezzogiorno e ci incamminiamo immediatamente per il sentiero di 10 chilometri che gira intorno alla base della roccia sacra per la popolazione degli Anangu, denominato Base Walk.
Durante il percorso deviamo dal sentiero principale per effettuare altri due camminate segnalate sulla mappa: la Mala Walk di 2 chilometri, lungo la quale ci sono dei cartelli informativi che spiegano la tjukurpa dei mala (la bibbia del popolo lepre-wallaby) ed il Mutitjulu Walk di 1 chilometro, una pozza d’acqua permanente nella quale, sempre secondo la tjukurpa, ebbe luogo lo scontro tra due antenati serpenti, Kuniya e Liru.
Durante la Base Walk incrociamo raramente altri escursionisti, in pratica effettuiamo gran parte del percorso in perfetta solitudine (a parte le mosche che non ci lasciano in pace un attimo).
Quando abbiamo da poco superato il sito sacro di Pulari e ci apprestiamo ad affrontare l’ultimo tratto del sentiero, in lontananza vediamo una scena curiosa: un uomo che corre a gambe levate verso la strada inseguito da una muta di cani che avanzano saltellando. L’uomo si sbraccia e ferma la prima macchina che passa di lì.
Quando questa riparte vediamo i cani però l’uomo non c’è più. In un attimo realizzo quello che sta accadendo e che ci aspetta di lì a poco: si tratta di un branco di dingo selvatici. Spiego ad Elisabetta e Riccardo la situazione, gli dico che dobbiamo muoverci compatti in gruppo e che non dobbiamo assolutamente separarci o scappare.
I dingo intanto ci hanno avvistato e strisciando sul terreno tra i ciuffi di spinifex si stanno pericolosamente avvicinando a noi. Arrivati a meno di 10 metri di distanza si dividono per attuare la classica strategia d’attacco: uno, probabilmente il capo branco, ci affronta abbaiando frontalmente mentre gli altri cercano di far breccia nella nostra formazione compatta dai lati.
Noi rimaniamo fermi, anzi facciamo alcuni passi di sfida in avanti verso il capo branco. L’imboscata dura un paio di minuti, o forse meno, anche perché in quei frangenti i secondi sembrano durare un’eternità. La guerra psicologica che si è sviluppata tra noi ed i cani ci vede alla fine vincitori, tanto che gli animali si ritirano contrariati dietro gli arbusti. Possiamo così completare con il fiatone ed il cuore in gola la nostra escursione alla Base Walk.
“Sotto la crosta della Terra brillavano le costellazioni, il Sole splendeva, la Luna cresceva e calava” (Bruce Chatwin, Le Vie dei Canti).
La notte è il momento migliore per scrutare le stelle. Il cielo dell’emisfero australe è bellissimo e qui nel deserto si può ammirare in tutto il suo splendore. Ci sono numerosissime stelle, la scia bianca della Via Lattea ed infine lei, la Croce del Sud, la costellazione tanto cara a tutti gli uomini di mare.
Prima di coricarmi spendo due parole sul rapporto che gli australiani hanno con i campeggi e la vita all’aria aperta.
È un popolo che ha il piacere di vivere a contatto con la natura e probabilmente questo sentimento lo acquisiscono fin da bambini. Vediamo numerose scolaresche: grigliano la carne ed il mais alla brace ed al termine della cena si siedono attorno al fuoco a scambiarsi storie ed esperienze. Pernottano nelle tende swag già predisposte nei campeggi.
Martedì, 1 luglio Uluru – Alice Springs (450 Km)
Prima di allontanarci troppo da Ayers Rock, diamo un ultimo sguardo ad Uluru dallo specchietto retrovisore del camper.
Oggi è la Festa Nazionale del Northern Territory. Scrivo queste righe con il cuore in mano, nella speranza che i razzi ed i fuochi artificiali lanciati dai territorians ubriachi non facciano troppi danni alla carrozzeria del nostro camper. Un razzo purtroppo ha fermato la sua corsa proprio sulla fiancata sinistra, provocandole una lieve abrasione.
Altri luoghi visitati: Alice Springs Desert Park.
Mercoledì, 2 luglio Alice Springs – Tennant Creek (510 Km)
Appena sveglio ispeziono immediatamente il camper, sembra che il mezzo abbia superato senza grossi danni la guerriglia di ieri sera.
La giornata di oggi è la prima tappa di trasferimento che ci porterà dal Red Centre al Top End. Chi pensa ad un itinerario insignificante si sbaglia di grosso in quanto la giornata ci regala fin da subito degli spunti interessanti.
Appena lasciata Alice Springs, svoltiamo a destra dalla Stuart Hwy ed andiamo a visitare la vecchia stazione del telegrafo.
La stazione fu costruita negli anni ’70 del XIX secolo ed è rimasta in funzione fino al 1932. Il luogo è conservato con amorevole cura, all’ingresso viene fornita una brochure informativa che permette a tutti di eseguire la visita da soli.
La vallata che ospita la stazione è tappezzata da grandi eucalipti, racchiusa ad oriente dagli East Mc Donnell Ranges. Il paesaggio è fiabesco, il silenzio che ci circonda ci permette di ascoltare il cinguettio degli uccelli, l’erba umida e gli eucalipti emanano un forte odore. Tra le rocce compaiono all’improvviso dei canguri, i primi che avvistiamo allo stato brado da quando siamo arrivati qui.
Riprendiamo la strada verso Tennant Creek e dopo aver attraversato la linea immaginaria del Tropico del Capricorno, incrociamo prima un branco di dingo, poi delle mucche al pascolo ed infine le solite carcasse di canguri sul ciglio della strada.
Facciamo delle soste di ristoro alle roadhouse di Ti Tree, dove incontriamo un bambino aborigeno che indossa una vecchia e sgualcita maglietta dell’Inter, e di Wycliff Well, località conosciuta in Australia per essere stata teatro di numerosi avvistamenti di creature aliene (?).
A metà pomeriggio ci fermiamo a visitare i Devil’s Marbles, una radura ricoperta da grandi massi sferici di granito, accatastati uno sopra l’altro, che per le credenze del popolo Warumungu non sono altro che le uova del serpente arcobaleno.
Arriviamo a Tennant Creek nel tardo pomeriggio. Durante gli oltre 500 km della tappa odierna il paesaggio è mutato in continuazione. Dalle radure desertiche poco oltre Alice Springs alla verde vegetazione della zona di Barrow Creek, dalla sterpaglia di Wauchope alla vegetazione più fitta di Tennant Creek.
Stasera facciamo fatica ad addormentarci. Non perché non riusciamo a digerire il piatto di tonno e fagioli che abbiamo consumato per cena, ma perché fuori dalla roulotte parcheggiata nella piazzola vicino alla nostra si sono radunate diverse persone davanti alla televisione per seguire una partita di football australiano.
Fanno un tifo sfrenato e ad ogni azione pericolosa della propria squadra urlano a squarciagola.
Giovedì, 3 luglio: Tennant Creek – Mataranka (560 Km)
Giornata di puro trasferimento senza soste degne di nota durante il tragitto, se si eccettua il famoso e rinomato pub di Daly Waters. Rivendica di essere il locale più vecchio del Northern Territory poiché la sua licenza per la vendita di alcolici porta la data del 1893.
Ed allora andiamo a conoscerlo questo pub. Di fronte all’entrata c’è il banco di mescita con degli avventori che stanno seduti su alti sgabelli. Sulla destra ci sono i tavolini e l’immancabile tavolo da bigliardo con il tappeto verde un po’ consumato. Le pareti sono ricoperte dai ricordi più strani lasciati dalla gente di passaggio.
Sulla sinistra c’è una piccola stanza con tutto il necessario per prepararsi il caffè (una macchinetta automatica, bustine di zucchero, latte e bicchieri termici). Sul retro c’è lo spazio chiamato di n’taiment, cioè di svago. Dapprima infatti c’è uno spiazzo con dei tavolini, poi una pista da ballo in cemento ed infine un palco che può accogliere le performance degli artisti.
Sempre sul retro, ma in una dependance del corpo principale dell’edificio, ci sono i bagni. Spartani. Sulle porte l’indicazione sheilas per indicare quello delle donne e blocked per quello degli uomini. Fin qui avevamo trovato sempre indicazioni più classiche, come female o ladies per le donne e male o gents per gli uomini.
Dopo Elliott la vegetazione ai bordi della strada si fa sempre più fitta e l’erba spinifex più alta. Arriviamo al resort che si trova all’interno dell’Elsey National Park, noto per essere stato il set del film We of the Never Never tratto dal famoso romanzo di Jeannie Gunn.
Io e Riccardo sfruttiamo il calore delle acque calcaree delle Thermal Pool, situate all’interno di un palmeto, per rilassarci e lenire la stanchezza della giornata.
Investiamo infine alcuni dollari in un ottimo fish and chips al bistro del resort, mentre un duo musicale formato da moglie e marito (con figlio piccolo al seguito) allieta la serata con musica pop locale.
Venerdì, 4 luglio: Mataranka – Katherine (110 Km)
L’alba è senza ombra di dubbio il momento migliore per fotografare la situazione in un campeggio. Al suo interno gli ospiti possono scegliere tra un ventaglio di sistemazioni: stanze di motel, letti in camerata per backpacker, cabine bungalows, piazzole per camper dotate o meno di attacco alla corrente elettrica, posti tenda.
Osservando un campeggio di buona mattina ci si rende conto del forte legame che il popolo aussie ha con la natura e lo spirito di adattamento e di avventura che alberga in loro, anche nelle situazioni di disagio. Alla fine basta una risata, una pacca sulla spalla ed una buona birra per superare con disinvoltura le avversità.
Apriamo la porta del camper per preparare la colazione e ci ritroviamo il mezzo circondato da pavoni e wallaby. “Dove possiamo trovare un altro posto così?” esclama Elisabetta mentre Riccardo prova ad avvicinarsi al piccolo wallaby che sembra non curarsi più di tanto della presenza umana.
La cenere dei barbecue accesi la sera prima è ancora fumante, chi ha tirato tardi sta ancora dormendo nel suo sacco a pelo all’aperto o sulle stationwagon momentaneamente adibite a camere da letto. Naturalmente questo tipo di sistemazioni vanno a discapito delle comodità a cui siamo abituati.
Mattinata dedicata alla visita delle grotte di origine carsica di Cutta Cutta Nature Park, luogo che merita sicuramente una sosta e che non è molto frequentato dai turisti perché si trova fuori dai grandi circuiti organizzati.
Mancano ormai meno di 30 km all’approdo a Katherine, la prima cittadina degna di questo nome che incontriamo dopo aver lasciato ormai due giorni fa Alice Springs. L’agglomerato urbano si sviluppa lungo la Stuart Hwy che nel centro del paese prende il nome di Katherine Tce (Terrace). È un susseguirsi di negozi, pub, banche, supermercati, stazioni di servizio in mezzo ad un brulicare ininterrotto di gente, che qui trova lavoro grazie alla presenza della base aerea di Tindal.
Proprio in questo luogo incrociamo la prima ragazza aborigena con i capelli castano chiari, nata sicuramente dalla relazione tra una donna indigena ed un uomo bianco. Fino a pochi decenni fa queste creature venivano perseguitate e rinchiuse in istituti gestiti da missionari perché considerate figlie del peccato.
Mentre Riccardo si sta divertendo nella piscina del resort, io e Elisabetta siamo involontari testimoni di una scena curiosa. Sento arrivare dalla roulotte parcheggiata nella piazzola attigua alla nostra, una voce di donna che parla ad alto volume. Avevo visto in precedenza che la roulotte era abitata da una coppia di anziani. Dopo un po’ la situazione si ripresenta. “Che fa, parla da sola?” esclamo, “Staranno litigando” mi risponde Elisabetta mentre sorseggia il caffè e si accende una sigaretta.
Allora sposto lentamente la tendina della finestra laterale del camper per curiosare e capire quello che sta realmente accadendo. Con grande sorpresa vedo la signora seduta su una comoda sedia da campeggio, che tiene sulle ginocchia il suo portatile ed indossa le cuffie dotate di microfono.
Realizzo subito quello che sta accadendo. Approfittando della rete Wi-Fi che qui si raggiunge con facilità in qualsiasi centro abitato, sta effettuando un collegamento con qualche parente o conoscente tramite uno dei tanti programmi di videochiamate (tipo Skype).
A tavola facciamo conoscenza con il barramundi, uno squisito pesce di acqua dolce che ci viene servito su un letto di verdure bollite (carote, cavolfiori e bieta) e purè. Nei ristoranti solitamente beviamo birra, o la VB (Victoria Beer) o la XXXX Gold (Four X).
Sabato, 5 luglio: Katherine – Kakadu National Park – Cooinda (360 Km)
Mentre con il nostro Toyota stiamo lasciando Katherine, dopo aver effettuato l’escursione in battello ai canyon scavati dal Katherine River nel remoto Nitmiluk National Park (Katherine Gorge), sto pensando che l’integrazione tra gli abitanti (indigeni e bianchi) del Northern Territory sia lungi da venire. Se non impossibile.
La popolazione bianca, di chiara origine anglosassone, si è costruita una posizione sociale elevata e gira per le strade con nuovi SUV e jeep di grossa cilindrata, indossando il classico cappello in pelle. Siccome la terra è degli aborigeni, toccherebbe all’uomo bianco integrarsi con loro, ma questo per ovvie ragioni non avverrà mai. Gli aborigeni invece non vogliono essere rinchiusi negli schemi della società occidentale e quindi non hanno nessun interesse a innescare quella che in realtà sarebbe una integrazione all’incontrario.
Man mano che ci avviciniamo al Top End le temperature aumentano. Dopo le ore 10.00 il sole cola a picco sopra di noi, la luce è abbagliante e la calura si fa sempre più soffocante. Il caldo è secco, non c’è traccia di afa ed umidità.
In queste prime due settimane di Australia, nonostante la stagione invernale sia in fase avanzata abbiamo sempre incontrato tempo splendido, anche in una località come Sydney dove le precipitazioni sono frequenti in questo periodo.
Dopo aver lasciato a Pine Creek la Stuart Hwy e svoltato a destra sulla Kakadu Hwy, a pomeriggio inoltrato arriviamo a Cooinda, uno dei principali centri del misterioso ed affascinante Kakadu National Park, giusto in tempo per prenotare l’escursione del giorno dopo alle Yellow Water ed immergersi nella movimentata vita serale del lodge.
Domenica, 6 luglio: Kakadu National Park (Jabiru)
La fatica per i lunghi trasferimenti dei giorni scorsi incomincia a farsi sentire. La tipologia di viaggio che abbiamo scelto di fare qui in Australia fin dal primo giorno, catalogabile nel genere avventura, è un viaggio che si fa da soli oppure in compagnia di poche persone fidate (famigliari o amici).
Solo così si riescono a superare i disagi e le difficoltà che si incontrano durante il tragitto. È anche un viaggio attraverso la sopportazione del dolore fisico: le botte prese negli spazi angusti del camper, il dolore alla cervicale provocato dalle lunghe ore di guida, il dolore alle spalle provocato dal peso dello zaino, le tossine accumulate nei muscoli delle gambe per le lunghe camminate, la classica emicrania di Elisabetta tra Alice Springs ed Ayers Rock.
La fatica ed il dolore vengono comunque leniti dal paesaggio che ci circonda. Oggi abbiamo fatto l’escursione in battello sulle acque dello Yellow Water Billabong, uno dei bracci d’acqua che compongono il dedalo di fiumi che solcano il parco.
Siccome le escursioni più consigliate del primo mattino erano già al completo (sold out), a malincuore abbiamo optato per quella che parte alle ore 11.30. La nostra preoccupazione però è subito svanita quando, poco dopo aver lasciato il molo, abbiamo incominciato a vedere cavalli selvatici al pascolo, egret (una specie di uccello), coccodrilli di acqua dolce ed acqua salata, aquile, jabiru, cormorani, varie specie di anatre selvatiche e jacana o lotus bird, il tutto racchiuso in un paesaggio incantevole.
Il parco di Kakadu è infatti ingannevole; se in un primo momento non sembra essere un granché causa la vegetazione secca e gli alti termitai che si intravedono qua e là, appena svoltato l’angolo si incontra sempre uno stagno o un meandro di un fiume dove per incanto la vita rinasce e gli animali trovano riparo e nutrimento.
Terminata l’escursione in battello ci dirigiamo verso un altro dei siti più importanti per gli aborigeni del posto, Nourlangie Rock. Da lì possiamo ammirare alcune tra le incisioni rupestri meglio conservate.
Dal lookout di Gunwarddehwarde inoltre, seduti su una roccia, abbiamo il privilegio di vedere la sconfinata pianura dell’Arnhem Land, con le falesie a strapiombo che delimitano il confine naturale tra il parco e la terra misteriosa ed ancora poco esplorata che si estende verso est.
Lunedì, 7 luglio: Kakadu National Park (Jabiru) – Darwin (260 Km)
Alla giornata di oggi è legato probabilmente l’unico grande rammarico di tutto il viaggio. Per questioni di tempo infatti non siamo riusciti ad andare a visitare il sito di arte rupestre di Ubirr.
Giorno di trasferimento tra il parco e Darwin. Durante il tragitto non sono comunque mancate due soste interessanti sulla Arnhem Hwy, prima al Maleluka Observatory Bird e poi al centro visitatori del Window of the Wetland. Quest’ultimo sorge sulla collina di Beatrice, sede del Mary River National Park.
Dopo aver percorso ben 2.977 km consegniamo con un po’ di tristezza alla compagnia di noleggio quella che per 10 giorni è stata la nostra casa. Concludiamo così di fatto la nostra grande ed indimenticabile avventura on the road nel Northern Territory, una terra che ci ha lasciato in eredità un grande insegnamento:
“La natura estrema di queste lande va rispettata e temuta allo stesso tempo, in caso contrario ti si può ritorcere contro in pochi minuti con conseguenze spiacevoli se non addirittura fatali”.
Darwin è una città per noi insignificante, lontana dagli stereotipi anglosassoni e quindi aperta all’influenza delle culture del vicino sud est asiatico. L’unica traccia della cultura britannica rimane la casa del governatore ed il prato inglese del giardino adiacente.
Il nostro viaggio in Australia on the road in camper termina qui. Domani è un altro giorno, vi va di seguirci anche nel Western Australia? Qui trovate il resoconto della nostra esperienza nella località balneare di Broome.
Fuso orario Northern Territory
Calcolare l’esatto fuso orario tra il Northern Territory e l’Italia non è semplice. Oltre ad avere diversi fusi orari, l’Australia adotta come noi l’ora legale. Inoltre c’è lo zampino anglosassone a complicare le cose con l’inserimento della mezza ora. Ricapitolando:
Dalla prima domenica di ottobre alla prima domenica di aprile l’ora del Northern Territory rispetto all’Italia è + 8,5.
Dalla prima domenica di aprile alla prima domenica di ottobre l’ora del Northern Territory è + 7,5.
Presa elettrica
Procurarsi un adattatore di corrente di tipo australiano (AS3112) a tre poli, con un contatto a terra e due contatti piatti disposti a forma di V.
Valuta Australia
Dollaro Australiano – AUD (suddiviso in 100 cents)
Copertura sanitaria in Australia
L’Italia e l’Australia hanno stipulato una convenzione sanitaria. I cittadini italiani che si recano laggiù sono coperti per alcuni servizi e trattamenti tramite Medicare.
Prima di partire è necessario recarsi alla propria Azienda Sanitaria di competenza e compilare il modulo di richiesta. Una volta arrivati in Australia bisogna andare in uno dei numerosi sportelli dei Medicare presenti sul territorio e consegnare l’autorizzazione rilasciata dall’Azienda Sanitaria. In cambio ritirare la tessera sanitaria australiana valida per tutto il periodo del soggiorno.
Letture consigliate
Le Vie dei Canti, di Bruce Chatwin
In un paese bruciato dal sole, di Bill Bryson
Articolo aggiornato il 12 agosto 2018.
Photo credits: la foto della mappa è stata scaricata da Google Maps
Ciao, anche noi stiamo progettando un viaggio lungo l’Explorer’s Way: noi percorreremo tutta la strada da sud a nord da Adelaide e Darwin, stiamo progettando il percorso e il tuo post ci ha dato spunti interessanti
Ciao Travel Gudu e grazie per il tuo commento. Se il mio articolo vi ha fornito degli spunti interessanti per progettare il vostro itinerario ha centrato l’obiettivo che mi ero prefisso, condividere le proprie esperienze con altre persone che amano viaggiare. Complimenti per la scelta, farete un’esperienza di viaggio e di vita che vi porterete per sempre nel cuore. Al termine attendo i vostri feedback. Buona strada!
Ciao Stefano! Siamo tornati (già da un po’ di tempo per la verità) dalla bellissima esperienza dell’Explorers Way in camper. Il viaggio ci è piaciuto, ci è piaciuto eccome. Stiamo raccontando il nostro viaggio sul blog, se ti va di passare. Grazie ancora per aver condiviso le tue esperienze che ci sono state di supporto nella pianificazione del viaggio.
Ciao ragazzi, vengo subito a trovarvi sul vostro sito, sono proprio curioso di leggere il vostro racconto. Grazie a voi per il feedback.