Per scoprire le bellezze dell’isola di Creta, anche quelle più remote, un viaggio itinerante rappresenta decisamente la soluzione ideale.
A meno che non stiate organizzando una vacanza tipicamente balneare, quindi stanziale.
Oltre alle classiche attività turistiche, la culla dell’antica civiltà minoica offre un ventaglio di esperienze autentiche da vivere con l’anima e con lo spirito.
Secondo noi costituiscono il vero valore aggiunto del viaggio.
Fermarsi nei villaggi sperduti nel nulla, prendere un caffè in compagnia di un pastore, sostare nelle chiesette campestri, gustare i piatti tipici in una piccola taverna a conduzione famigliare.
Il tutto cementato dalla cortesia e dal senso di ospitalità che solo i cretesi sanno donare.
Cosa trovate in questo articolo?
Una serie di idee su cosa vedere a Creta in 7 giorni, oltre ad alcune informazioni utili e consigli pratici per pianificare l’itinerario.
In base alla nostra esperienza personale, come sempre.
Indice
- Creta, dove si trova
- Come arrivare a Creta
- Dove alloggiare a Creta
- Come muoversi a Creta
- Cosa vedere a Creta in 7 giorni
- Fuso orario Grecia
- Letture consigliate
Creta, dove si trova
Creta si trova un centinaio di chilometri a sud delle coste della Grecia continentale, proprio sulla linea di demarcazione tra il mare Egeo e quello Libico.
A tal proposito, in particolari giornate di cielo terso, dalle alture meridionali dell’isola si distinguono chiaramente all’orizzonte i tratti della costa del nord Africa.
È successo anche a noi mentre stavamo andando a Hóra Sfakíon.
Anche se la sua forma stretta e allungata potrebbe trarre in inganno, la superficie è molto vasta. Si tratta infatti della quinta isola per estensione del Mediterraneo, dopo la Sicilia, la Sardegna, Cipro e la Corsica.
Come arrivare a Creta
In aereo
Heraklion e Chania, le due città più importanti dell’isola, sono collegate all’Italia da voli diretti operati da compagnie low cost, mentre i voli charter si concentrano esclusivamente nella stagione estiva.
In alternativa è possibile optare per un volo di linea, che faccia scalo ad Atene.
A meno che non abbiate noleggiato un’auto, gli spostamenti da e per gli aeroporti delle due città si possono prenotare comodamente online da casa al seguente link Creta transfer.
In fase di pianificazione del viaggio tenete presente che l’aeroporto di Heraklion si trova una manciata di chilometri fuori città, mentre quello di Chania è situato nella penisola di Akrotíri, a circa 15 chilometri dal centro.
In traghetto
Heraklion e Chania sono raggiungibili via mare sia dal porto del Pireo sia da altre isole dell’Egeo.
Le compagnie Anek e Minoan Lines operano una tratta giornaliera dal Pireo.
La traversata dura dalle sette alle nove ore, dipende dal tipo di imbarcazione utilizzata.

Agía Galíni
Dove alloggiare a Creta
Se state pianificando una vacanza itinerante a Creta, vi consigliamo di strutturarla a blocchi di giornate suddivise per zone geografiche.
Questo suggerimento vi permetterà di dedicare i tempi corretti alle visite, senza incorrere in inutili perdite di tempo negli spostamenti da una località all’altra.
La struttura dove alloggiare cambia in base allo sviluppo dell’itinerario, anche se secondo noi non è necessario modificarla ogni giorno.
Un esempio.
Per quanto riguarda le prime tre-quattro notti si può fissare la base logistica a Chania, per poi organizzare delle escursioni giornaliere alla scoperta dell’estremità occidentale dell’isola.
Per noi la scelta degli alloggi è sempre molto coinvolgente, anche se dobbiamo dirvi che a Creta abbondano e questo aspetto rappresenta l’ultimo dei problemi.
Vedrete, c’è solo l’imbarazzo della scelta tra hotel, resort, case vacanza, ville e appartamenti in case private, chiamati studios.
Si tratta di monolocali, con una o più camere, bagno privato e cucinotto. Spesso sono dotati anche di un ampio balcone, dove consumare la colazione o i pasti.
Al seguente link potete già sbizzarrirvi nella ricerca:
Come muoversi a Creta
A meno che non optiate per una vacanza in un villaggio turistico, dotato di tutti i comfort e del servizio navetta, l’avere a disposizione un mezzo è fondamentale.
L’utilizzo dei mezzi pubblici infatti non è comodo, sia perché vincolano a orari ben definiti limitando la libertà di movimento sia perché non raggiungono alcuni luoghi remoti, come spiagge e calette.
Se volete noleggiare un’auto a Chania allora vi consigliamo di leggere il nostro articolo, ricco di dettagli pratici e consigli utili.
Se invece il vostro volo non atterra a Chania, allora potete dare già un’occhiata alle tariffe del noleggio auto a Heraklion.
Noi come vedere utilizziamo sempre la piattaforma DiscoverCars.
Si tratta di un comparatore di tariffe tra le migliori compagnie che operano sul territorio, da quelle internazionali che conosciamo tutti a quelle locali.
Note per la lettura
A causa della traslitterazione dai caratteri dall’alfabeto greco a quello latino, alcune volte i toponimi possono risultare imprecisi. Un esempio pratico.
La segnaletica stradale riporta diciture diverse per la stessa località: Chania, Haniá, Xaniá.
Per non fare confusione e scusandomi in anticipo per eventuali errori, ho deciso di uniformarmi alle guide che ho usato durante il viaggio.
Cosa vedere a Creta in 7 giorni
Quello che vi illustriamo è un ipotetico viaggio alla scoperta della metà occidentale dell’isola, una coinvolgente combinazione tra storia, trekking, spiagge ed esperienze autentiche.
Per quanto riguarda i primi tre-quattro giorni di vacanza potete lasciarvi ispirare dal nostro articolo dedicato ai luoghi da visitare a Creta Ovest.
Una volta lasciata Chania invece ci siamo diretti verso la costa meridionale, una zona che conosciamo molto bene dato che l’avevamo frequentata più volte all’inizio degli anni Novanta.
Giunti a Plakiás abbiamo lentamente risalito le aree montuose di Creta fino a riportarci sulla costa settentrionale, prima di fare ritorno a Chania e terminare il viaggio.
Per non essere ridondanti quindi il nostro racconto parte dal quinto giorno:
5° giorno
Chania – Hóra Sfakíon – Frangokástello – Préveli – Plakiás
Il desiderio di esplorare posti interessanti rappresenta un valido incentivo per mettersi in strada, soprattutto quando si è spinti dalla curiosità di vedere dopo tanti anni luoghi di cui si conserva un ricordo indelebile.
Nel nostro caso si tratta di Hóra Sfakíon, un minuscolo borgo di case bianche adagiato sul mare Libico, nel quale avevamo trascorso alcune settimane di vacanza nel lontano 1992.
Ci mettiamo in viaggio sulla New Road in direzione Réthymno. In questo tratto la superstrada è fiancheggiata da splendidi oleandri in fiore.
All’altezza di Vrýses svoltiamo a destra e prendiamo una strada panoramica che seziona l’isola da nord a sud.
Superiamo alcuni paesini dove sembra che il tempo si sia fermato, con gli anziani seduti in piazza sotto le foglie di grandi platani.
Facciamo una breve sosta nel villaggio montano di Ímbros, località frequentata dagli amanti delle camminate in quanto è il punto di partenza del sentiero che si addentra nell’omonima gola.
Assieme a quello delle Gole di Samaria e alla scalata del Monte Gingilos rappresenta uno dei trekking più famosi di Creta.
La strada che scende verso il mare è stata rimodernata. Mi ricordo che le prime volte che eravamo venuti da queste parti, la corriera doveva fermarsi e fare manovra per superare alcuni tornanti particolarmente stretti.
Hóra Sfakíon non è più la stessa. Purtroppo!
Alcuni residence di nuova costruzione e il completo rifacimento del molo hanno reso più artificiale il villaggio. La località comunque è sempre stata abbastanza affollata, soprattutto da gente di passaggio.

Il porticciolo di Hóra Sfakíon
Molti turisti infatti sostano qui solo il tempo necessario per prendere i traghetti che portano a Loutró e Agía Rouméli, oppure per salire sugli autobus dopo aver terminato l’escursione alla Gola di Samaria.
Qui avevamo conosciuto un serbo di nome Ljubiša.
Di giorno faceva il posteggiatore di pullman nello slargo situato dietro la chiesetta all’ingresso del paese, la sera invece girava di taverna in taverna in cerca di qualcuno che gli offrisse una birra.
Parlava abbastanza bene l’italiano.
Mi aveva raccontato che da giovane aveva fatto il marinaio. Aveva lasciato donne e figli un po’ dappertutto, gli ultimi ad Haiti.
Lo ritrovai anni dopo in centro a Chania. Mi disse che era malato, soffriva di asma e il dottore gli aveva prescritto delle passeggiate mattutine sul lungomare, per riempire i polmoni di iodio.
Mi mise grande tristezza. Con tutte le persone che aveva conosciuto in giro per il mondo pensai, aveva iniziato l’ultima tappa della sua vita da solo come un cane.

La chiesetta di Hóra Sfakíon
In fondo al borgo c’è ancora il piccolo bar “Kri-Kri”, dove la sera venivamo a giocare a biliardo. Qui trovavamo spesso un vecchio pastore che si chiamava Barbayannis.
All’imbrunire lasciava il suo mitata in montagna e scendeva a valle. Era sempre vestito con la camicia nera, i pantaloni a sbuffo (vraka) e sulla testa indossava una bandana nera con le frange chiamata sariki.
Appena entrato nel locale appoggiava al muro il suo bastone (katsouna), prendeva posto su uno sgabello di fronte al banco di mescita ed affogava i suoi pensieri nella tsikoudiá.
Da quando abbiamo messo piede sul versante sud del massiccio di Lefká Óri, che significa Monti Bianchi, il famoso vento meltemi ha iniziato a farci compagnia.
Lasciamo Hóra Sfakíon e dopo un quarto d’ora circa arriviamo a Frangokástello. La località significa Castello Francese, è una fortezza edificata dai veneziani nel 1204 per tenere sotto controllo i pirati saraceni e i rivoltosi di Sfakiá.
La roccaforte ha avuto un ruolo importante anche durante la guerra di indipendenza contro gli ottomani, dato che proprio qui si svolse una delle battaglie più sanguinose.

La fortezza di Frangokástello
Il muro perimetrale esterno si è conservato molto bene, mentre l’interno è più rovinato. Nella torre sud-occidentale è ospitato un piccolo museo che raccoglie foto d’epoca.
A valle del castello si estende la bella spiaggia di Orthí Ámmos, presa d’assalto da numerosi bagnanti.
Dopo aver consumato un veloce spuntino lasciamo l’area della fortezza e ci dirigiamo attraverso una strada panoramica verso est.
Il paesaggio è bellissimo. Da una parte l’azzurro intenso del mare e dall’altro rilievi brulli con sfumature di giallo ocra, giallo paglierino e verde ulivo.
Le proprietà terriere adibite a pascolo sono delimitate da alte reti elettrosaldate, quelle che solitamente vengono usate qui da noi nei cantieri edili.
Le capre invece per ripararsi dal sole si appiccicano in fila indiana ai parapetti e ai muri di sostegno della strada. Tra un villaggio e l’altro fa la spola con il suo furgoncino un venditore ambulante di frutta e verdura.
Arriviamo a Plakiás a metà pomeriggio e dopo un breve giro perlustrativo fissiamo l’alloggio per la notte da Manolis Apartments. Si rivelerà un’ottima sistemazione.

Monastero di Préveli
Non è ancora giunto il momento di fermarci.
Rimpinguate le borracce e scaricati i bagagli, lasciamo l’appartamento e ci dirigiamo allo storico monastero di Préveli. È situato in una posizione incantevole a picco sul mare.
Come altri edifici religiosi, anche questo ha avuto la sua importanza sia durante la resistenza contro la dominazione turca sia durante la battaglia di Creta della seconda guerra mondiale.
Meritano senz’altro una visita il piccolo museo e la chiesa che conservano icone e ornamenti sacri.
Poco a valle i monaci hanno costruito un piccolo zoo, dove trovano alloggio caprioli, pavoni, anatre e un cerbiatto.
Per concludere degnamente la giornata ci trasferiamo sulla spiaggia di Préveli. Ci sono due vie che conducono all’arenile.
La prima un chilometro a valle di Moní Préveli. La seconda invece è un po’ più lunga e si dirama subito dopo le rovine del vecchio monastero, all’altezza di un pittoresco ponte ad arco.
Noi optiamo per quest’ultima. La strada sterrata, che in cinque chilometri porta alla spiaggia di Amoúdi, va affrontata con un minimo di prudenza, almeno da chi come me è suggestionato dagli strapiombi.
Una volta parcheggiata l’auto su uno slargo si intraprende un sentiero a gradoni che scavalca la spalla rocciosa e in alcuni minuti di camminata conduce alla spiaggia di Préveli.
Conosciuta anche con il nome di spiaggia delle palme, sorge proprio allo sbocco della Gola di Kourtaliótiko, lambita dal fiume Megalopótamos che sfocia in mare.

La spiaggia di Préveli
Si tratta di un luogo incantevole, con la sabbia grigia che contrasta con le tonalità celesti e azzurre del mare. Un vero paradiso.
Per cena infine ci trasferiamo nel grazioso villaggio di Myrthios, adagiato sul fianco della collina che sovrasta Plakiás.
Nel piccolo borgo ci sono un paio di taverne molto conosciute, frequentate sia da turisti sia da gente del posto, entrambe con terrazze affacciate sulla baia sottostante.
Quella odierna è stata una giornata fantastica, una di quelle che però ti fanno amare intensamente i viaggi e ti danno la spinta ogni anno per ripartire e scoprire posti nuovi.
6° giorno
Plakiás – Agía Galíni – Valle di Amári – Pánormo
Quella di oggi l’abbiamo definita a posteriori “la giornata dei paesaggi”. Andiamo a scoprirli assieme.
Lasciamo Plakiás mentre il meltemi continua a soffiare impetuoso.
Superata la gola di Kourtaliótiko, quella che sbocca sulla spiaggia di Préveli, ci addentriamo in un paesaggio di struggente bellezza, dove il giallo ocra dei rilievi privi di vegetazione la fa da padrone.
Lasciato sulla sinistra il monte Kedros e sulla destra il monte Siderotas, attraverso un canalone arriviamo giù ad Agía Galíni.
Si tratta di un villaggio costiero che negli ultimi decenni è stato un po’ snaturato dall’eccessivo sviluppo turistico. Siamo solo a metà mattinata ma fa già molto caldo.
Scendiamo fino al mare e Riccardo ne approfitta per fare il bagno.
Riprendiamo la strada del ritorno fino a Spíli. Nei piccoli villaggi che attraversiamo durante il tragitto notiamo diverse costruzioni abbandonate con i lavori ancora da ultimare.
In pratica sono state elevate le colonne in cemento armato che formano lo scheletro dell’edificio e gettati i solai dei vari piani.
Sul ciglio della strada è stato abbandonato un motocarro, privo della ruota anteriore. Affinché possa rimanere in equilibrio la cabina è stata appoggiata sopra due blocchi in calcestruzzo.
Lasciata Spíli, la strada inizia a salire con una serie di tornanti verso la valle di Amári.
Una folta vegetazione ricopre i crinali delle montagne che ci circondano.
Ci fermiamo per una breve sosta nel paesino di Méronas, dove nella chiesa della Vergine Panagia ammiriamo degli affreschi molto interessanti, tra cui segnaliamo quello della Crocifissione.
Proseguiamo per Amári. Il villaggio sorge in una posizione incantevole, con un campanile del XIX secolo dal quale si possono ammirare degli scorci mozzafiato sul paesaggio circostante.

Villaggio di Amári
L’unica nota stonata è rappresentata dal fatto che il borgo è deserto e sia la taverna sia il bar sono chiusi.
Quello che manca ad Amári però lo troviamo nella taverna Klados, che si trova quasi di fronte al duecentesco monastero di Asomátos, pochi chilometri più avanti.
Il locale è semplice, ha un terrazzo all’aperto sotto un pergolato di canne, le sedie sono impagliate e la tovaglia cerata, però la cucina casalinga e il vino sono squisiti.
Una strada tortuosa ci catapulta fuori dalla valle di Amári attraverso dei rilevi ricoperti in buona parte da arbusti di ginepro, ginestra, salvione giallo e oleandri.
Il tutto crea una vera e propria tavolozza di colori.
Scendiamo verso il mare attraversando coltivazioni di ulivi secolari, con i tronchi nodosi attorcigliati su sé stessi.
A metà pomeriggio arriviamo al famoso monastero di Moní Arkadíou.
L’edificio riveste un importante significato per i cretesi, in quanto è stato un simbolo della resistenza contro la dominazione ottomana. Nel 1866 infatti i turchi inviarono sull’isola l’esercito con lo scopo di reprimere i moti insurrezionali.

Il cortile del monastero di Arkadíou
La gente del posto allora abbandonò le proprie abitazioni e si rifugiò all’interno del monastero.
Quando un folto contingente di soldati ottomani attaccò il complesso, gli assediati piuttosto che arrendersi decisero di far saltare in aria un deposito di polvere da sparo, causando la morte di tutti presenti, turchi compresi. Solo una bambina si salvò.
Al centro del cortile c’è la chiesa in stile veneziano del 1587 che ha una bellissima facciata rinascimentale, sormontata da un campanile con tre campane.
Tra le travi in legno che spuntano dal sottotetto che sormonta il porticato si notano chiaramente i nidi delle rondini arrivate un paio di mesi fa dall’Africa.
Da una cella esce una vecchia suora che ci saluta e si rifugia a gambe levate in chiesa per un momento di preghiera.

La chiesa di Moní Arkadíou
Per la notte decidiamo di fermarci in una delle località balneari che si susseguono senza soluzione di continuità tra Réthymno ed Heraklion. La nostra scelta cade su Pánormo.
Si tratta di un piccolo villaggio situato sulla costa a circa una ventina di chilometri da Réthymno, punto di partenza strategico per la visita all’altopiano di Nída del giorno dopo.
Si respira un’atmosfera tranquilla e rilassata.
Dopo una breve trattativa fissiamo a un prezzo conveniente la camera nel Europa Resort, situato appena fuori dal centro abitato.
7° giorno
Pánormo – Anógia – Altopiano di Nída – Chania
Lasciate le onde del mare che si infrangono sugli scogli di Pánormo di buon mattino, ci addentriamo nell’entroterra montuoso della provincia di Réthymno.
Saliamo dolcemente fino ad Anógia, tra rigogliose piantagioni di ulivi e alberi da frutto. Attraversiamo piccoli borghi le cui casette bianche sono mimetizzate dietro enormi oleandri e cespugli di bouganville.
Elisabetta, da amante dei fiori qual è, non può nascondere il suo stupore per quello che sta ammirando.
La strada è abbastanza scorrevole, l’unico intoppo è rappresentato dai mezzi agricoli che procedono sulla carreggiata e che rallentano notevolmente la marcia, dato che i tratti utili per effettuare sorpassi sono limitati.
Il villaggio di Anógia è un passaggio obbligato per tutti i visitatori che si recano sull’altopiano di Nída.
Durante la seconda guerra mondiale fu uno dei centri principali della resistenza greca contro le truppe tedesche e ne pagò le conseguenze a caro prezzo.
I nazisti infatti, come rappresaglia per aver ospitato i soldati delle forze alleate e aver collaborato al rapimento del generale Kreipe, diedero alle fiamme le costruzioni del paese ed uccisero tutti i componenti maschi.
Sono appena le 9.30 del mattino ma le taverne sono già affollate di gente.
Noi ci fermiamo in un kafeneío gestito da due anziani proprio all’imbocco della strada che sale verso il monte Psilorítis.
Si tratta del rilievo più alto di Creta con i suoi 2.456 metri sul livello del mare ed è conosciuto anche come monte Ída.
Mentre sorseggiamo un caffè, dal terrazzo del bar siamo in grado di scorgere il tratto della costa settentrionale che abbiamo lasciato stamani.
La strada si impenna bruscamente verso il cielo terso subito dopo aver lasciato Anógia. Ventuno chilometri di curve e tornanti ci catapultano sull’altopiano di Nída, situato a circa 1.400 metri di altitudine.
Man mano che si sale la vegetazione si dirada sempre più. Durante il tragitto riusciamo a scorgere delle greggi di capre e pecore.
In prossimità di un mitata ne scorgiamo alcune con il vello color rosso cremisi.
Strabuzziamo gli occhi, in un primo momento ci chiediamo divertiti se il rosso sia il loro colore naturale, infine optiamo per la marchiatura anche se il dubbio rimane.
Arriviamo su uno slargo dove sorge un rifugio, parcheggiamo l’auto e ci prepariamo a salire alla Grotta di Idéon, l’attrattiva della valle.
Spira un vento sostenuto anche quassù. Da un lato la sua azione ci infastidisce durante la salita, mentre dall’altro ci regala un po’ di refrigerio dopo la giornata torrida di ieri.
Imbocchiamo un sentiero stretto in pietrisco, una kalderimi come la chiamano i cretesi, che in 580 metri ci conduce a destinazione.

Panorama dell’altopiano di Nída
A metà percorso circa facciamo una breve sosta davanti alla chiesetta di Análipsis, circondata da un muretto in pietra, bassi arbusti di phrygana e alcuni aceri cretesi.
In alto, sopra di noi, si staglia la vetta spoglia del monte Psilorítis.
La caverna, conosciuta anche come Idéon Andron, è il luogo in cui secondo la mitologia greca Zeus fu allevato dalla ninfa-capra Amaltea.
Kronos nel frattempo, il padre cannibale, perlustrava ogni altura per trovare e divorare il figlio.
Da quassù si ammira un panorama meraviglioso sulla vallata. I pascoli verdeggianti e fertili sono solcati in lungo e in largo da stradine di campagna i cui tracciati sembrano usciti dal pennello di un pittore.
Dopo esserci fermati a contemplare questo paradiso respirando aria fresca a pieni polmoni, ci rimettiamo in macchina e ci tuffiamo giù verso il mare.

Panorama della valle di Amári
Eccoci nuovamente sulla New Road direzione Réthymno.
Sul tratto di costa situato tra il capoluogo della provincia e Georgioúpoli era già presente a fine degli anni Novanta una corsa alla speculazione edilizia, alimentata dall’industria del turismo.
In prossimità di Armeni usciamo dalla superstrada e rientriamo verso l’entroterra.
Superiamo l’abitato di Neo Horio, poco prima di arrivare a Stilos veniamo bloccati da un folto gregge di pecore che sta attraversando la strada.
Sembra di entrare in un mondo incantato, non c’è traffico, non ci sono rumori. Si sentono solo le cicale che friniscono. La gente se ne sta seduta in piazza all’ombra di grandi platani.
È metà pomeriggio ed anche noi approfittiamo di questa oasi di pace per infilarci sotto il pergolato di una taverna e degustare un ottimo agnello al forno.
Al calare della sera riprendiamo l’auto e rientriamo definitivamente a Chania per concludere il nostro viaggio alla scoperta di alcuni dei luoghi più interessanti da vedere a Creta in 7 giorni.
Fuso orario Grecia
Ora solare standard rispetto all’Italia: + 1
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